giovedì 8 marzo 2012

L'impazzita maionese repubblicana


A districare la matassa del Grand Old Party non c'è riuscito neppure il Super Tuesday, il giorno in cui il numero degli Stati americani interessati dalle primarie ha buone probabilità di determinare chi correrà per la Casa Bianca. E invece con un risultato di 6 a 3 per Romney (che ha vinto in Ohio con un misero 1% di vantaggio) la lotta tra lui e Rick Santorum non è ancora finita. Come non ha finito di soffrire il Partito Repubblicano.
E' dal tramonto del messianismo di Bush che i conservatori faticano a offrire una proposta politica di ampio respiro, un'idea che vada oltre la pura e semplice protesta contro l'establishment e un Presidente che considerano debole e persino incompatibile con lo spirito americano. Una posizione sostenuta principalmente dal giovane (ma già influente) movimento del Tea Party, la cui ascesa coincide con l'arrivo di Obama e le sue politiche economiche a favore dei salvataggi delle banche e di un più robusto sistema sanitario.
Questo spiega la forza di un candidato come Santorum, il quale probabilmente non sarà in grado di vincere la competizione, ma la corrente che rappresenta non potrà essere riassorbita senza una qualche compensazione. Il che significa un Romney dalle posizioni più estreme che potrebbe spaventare l'elettorato medio e magari non essere neppure sufficiente a conquistare chi tra i conservatori più oltranzisti non si fida di lui.
La strada del GOP per il 6 novembre è dunque in salita e se non riuscirà a superare le proprie difficoltà non solo spianerà la strada ad un secondo mandato di Obama, ma diventerebbe sempre più succube del Tea Party che a quel punto sarebbe l'ultimo collante ancora capace di scaldare i cuori dei repubblicani delusi. E con un'opposizione così incattivita ma ancora forte sia al Congresso che al Senato quello che dovrebbe essere il mandato più incisivo di Obama (perché libero da ansia di riconferme) rischia di non avere vita facile.

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