martedì 9 ottobre 2012

Turisti per caso: una settimana a Parigi


Quante volte ai nostri gironi si sente parlare di globalizzazione e quante volte ci si sarà chiesti cosa essa sia realmente. Ecco una testimonianza resami da un viaggiatore non abituè che, con grande ironia, denota tutta una serie di affinità false e vere differenze tra il nostro costume e quello degli altri paesi. Tale riflessione, se pur con un taglio decisamente ironico, ha lo scopo di approfondire tematiche fondamentali nella massificazione e mercificazione odierna del turismo che, erroneamente e frettolosamente,  è venduto come qualcosa di “accessibile” e fruibile per tutti.

"Amo la vita, comoda e tranquilla e rifuggo da qualsiasi evento possa procurarmi stress; odio i ritmi frenetici delle città metropolitane. Dopo averle fatte e disfatte innumerevoli volte però anche in  questa occasione tre valige sono pronte: destinazione Parigi. 
Ho volato sinora solo con la fantasia e dunque per il decollo mi affido a S. Antonio (quello di Padova), il mio preferito, per l’ atterraggio, considerando che l’ aereo è di una compagnia Low cost, preferisco affidarmi alla madre suprema , si proprio lei: la Madonna. Sbarco finalmente all’aeroporto parigino e a chiunque mi parli rispondo stupidamente “thank you” . Sono ormai in città, arrivo alla metropolitana e devo raggiungere l’ albergo…Consulto la pianta e mi accorgo che Parigi ha ben 14 linee ( e ripenso alle 2 misere linee di Roma..); dopo vari thank you e grazie seminati in ordine sparso (non conosco il francese) raggiungo l’hotel, ubicato in centro accanto al maestoso ed esagerato centro commerciale La- Fayette. Mia moglie esperta di enigmistica riesce a capire subito il modo giusto di entrare in un ambiente di 9 metri quadrati circa ..cioè la nostra minuscola stanza. 
Dopo un po’ di meritato riposo entriamo in un Bistrot dal nome altisonante “Napoleon” dove alla faccia della privacy e del romanticismo francese ceniamo esposti all’occhio dei passanti: siamo letteralmente in vetrina come una merce esposta. Un gruppo di Giapponesi ci fotografa e ci guarda incuriosito…esco allora dal bistrot nella consapevolezza che in Francia non ci sia solo la pittura espressionista ma anche la “cucina impressionista’, si ha solo l’impressione di mangiare. Cominciamo la nostra visita culturale e molti saranno i luoghi, indubbiamente affascinanti, che visiteremo, Notre-Dame spicca per l’ assenza di Quasimodo ( la cui presenza era stata garantita dall’agenzia) e poi l’arco di Trionfo, la Torre Eiffel, il Louvre, il museo d’Orsey, Champ Elisee attraversando giardini vari, orribilmente puliti, fino allo strepitoso quartiere latino, forse il più assomigliante a casa nostra, senza dimenticare la patria del re Sole: Versailles. Ahimè l’ultimo giorno è arrivato e come mi aveva consigliato mia suocera mi dirigo al Sacro Cuore (nel quartiere Montmartre): la basilica si trova nella parte più alta della città e osservo la mia signora far foto a tutto ciò che gli capita a tiro. Scendo il giardino terrazzato, in processione, con gruppi di suore e prelati e raggiungiamo Place Pigalle, una piazza neppure troppo grande che divide quanto di più sacro da quanto è di più profano ( il quartiere a luci rosse e il Moulin Rouge). Qui si nota tutta la differenza rispetto ai nostri costumi:  questi due elementi, che fanno parte dell’ essere umano, convivono pacificamente ed in modo equilibrato dando ai miei occhi la sensazione che, in Italia, su questo si sia ancora lontani anni luce. Dopo 6 giorni e pioggia a non finire arriva la partenza e difficile a credersi c è il sole, dopo aver sostenuto al check-in ogni sorta di controllo e perquisizione finalmente decollo… atterrerò alla ormai  trentottesima “Ave Maria “. All’aeroporto di Roma ritrovo mio figlio e la fidanzata: baci, abbracci, sorrisi accorgendomi che, ebbene si, a Roma intanto diluvia. Torno alla normalità ma tutto sembra di nuovo diverso… penso a coloro che ogni giorno , secondo me erroneamente, si battono per far diventare questo mondo tutto uguale e quanto essi fin’ ora abbiano fallito..non ci sono solo differenze concrete e culturali...ci sono le scelte, il vero fulcro della questione, quelle saranno sempre diverse in un mondo standardizzato…la forza di esse distinguerà sempre gli uomini…più del colore della pelle, più di pregiudizi culturali, più degli stessi interessi economici…". Una testimonianza geniale e che risulta espressa con funzionale loquacità ed ironia che, nella speranza di chi vi scrive, può servire a riflettere veramente su una delle più importanti tematiche del XXI secolo.                                                           



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