lunedì 5 novembre 2012

La proprietà e la libertà


Ieri sono usciti i primi dati sulla seconda rata dell'IMU e i rincari che si prospettano sono a dir poco stratosferici con punte del 2.000% in più per un affitto con contratto concordato a Venezia! Gli effetti di questo nuovo aggravio fiscale non risparmierà proprio nessuno: dai proprietari di immobili agli affittuari, dai negozianti alle imprese. E tranne quei pochi privilegiati che reggono bene nonostante la crisi, il colpo per tutti gli altri potrebbe compromettere la situazione in modo irreversibile.
A tale proposito mi veniva da riflettere su un aspetto importante che sta alla base della nostra moderna democrazia e che il crescente peso fiscale sta seriamente minacciando: il rapporto tra proprietà e libertà individuale. Tutte le rivoluzioni moderne, quelle almeno che hanno avuto un successo duraturo, sono partite infatti da una borghesia che aspirava a disporre più liberamente delle proprie risorse e per affrancarsi così da un potere che grazie al suo predominio/monopolio era in grado di dettare le condizioni che andavano esclusivamente a suo vantaggio.
La progressiva liberalizzazione della società e il conseguente diffondersi della proprietà privata sono andati di pari passo con lo sviluppo della democrazia, poiché il grado di efficienza di quest'ultima era direttamente proporzionale alla redistribuzione delle risorse. Una redistribuzione che non potrà mai essere perfetta, ma che deve garantire al cittadino quel minimo che gli serve per condurre un'esistenza dignitosa tra cui rientra appunto la casa. Chiunque dispone della sicurezza di un tetto e del cibo può infatti occuparsi di questioni più complesse e avere un ruolo più attivo in una società contribuendo a ridiscuterla ed eventualmente a migliorarla.
Chi si vede privato di un tetto perché troppo oneroso da mantenere a causa delle tasse e affitti saliti alle stelle al contrario si vedrà costretto dalla necessità ad essere sempre più dipendente da soggetti più forti (banche, strozzini o datori di lavoro senza scrupoli), ai quali basterebbe sventolare lo spettro della povertà in faccia ai loro creditori per tenere a bada qualsiasi contestazione. E ciò consentirebbe a pochi di mantenere un vantaggio che non si riduce a chi ha una Ferrari e chi si deve accontentare di una Panda, ma va anche a scapito dell'indipendenza di coloro che solo per sopravvivere si vedono intrappolati in questa sorta di ricatto.
Risanare il settore bancario in crisi di liquidità è senza dubbio una delle priorità che ci chiede l'attuale situazione, ma minare troppo alla sostenibilità del singolo rischierebbe d'invertire buona parte di quello che abbiamo conquistato nel processo democratico. E ciò alla lunga restringerebbe anche il mondo economico, il quale destinerebbe il meglio delle sue risorse ad una clientela formata prevalentemente di super ricchi, un po' come funzionava nell'ancien régime quando coloro che più somigliavano al consumatore di oggi erano degli aristocratici...

Nessun commento:

Posta un commento