martedì 26 febbraio 2013

Elezioni 2013 - Divide et non impera


Guardando a mente fredda i risultati definitivi emerge un dato: oltre il 60% dei voti non sono andati a Silvio Berlusconi. Eppure quest'ultimo appare assieme al trionfante Movimento 5 Stelle come uno dei vincitori morali delle elezioni, nonostante la rimonta del Pdl che ha pure smentito le voci di una sua prossima estinzione non gli basti a riprendere il controllo del Paese. Come non basta a nessun'altra forza politica. Eppure lo stallo delle Camere potrebbe entusiasmare il centrodestra più di una vittoria, la quale al massimo sarebbe potuta essere risicata come quella del Pd. L'ingresso di peso dei grillini in Parlamento dopotutto promette di rimescolare tutte le carte in gioco. Ma come?


Ritorniamo alla cifra con cui abbiamo aperto il post. C'è una maggioranza molto ampia che non si riconosce nel Pdl, ma che nonostante la sua forza non ha un'organizzazione che le consenta di governare. Questo perché prima di tutto il voto si è distribuito in modo più o meno uniforme fra tre o quattro forze che in alcuni casi sono inconciliabili.
La maggiore responsabilità di questo blocco va al grande sconfitto, ossia il Pd che negli ultimi mesi ha creduto che in una situazione di profonde divisioni dell'avversario e di forte disillusione dei cittadini potesse fruttare più un'eccessiva prudenza che un messaggio di forte discontinuità con il passato, facendosi soffiare quest'opportunità dai grillini che non a caso hanno ottenuto un risultato strepitoso.
A peggiorare le cose sono le prestazioni degli altri partiti. A parte la coalizione montiana infatti nessuno è riuscito a superare lo sbarramento, tanto meno la Rivoluzione Civile di Ingroia che vede le forze raccolte attorno ad essa (come l'Idv di Antonio Di Pietro) avvicinarsi sempre più alla loro scomparsa definitiva. I seguaci di Monti non hanno però di che festeggiare, essendo condannati dal numero insufficiente di seggi ottenuti a non poter giocare neppure il ruolo di ago della bilancia.
Con questo equilibrio la strada verso nuove elezioni pare dunque quasi spianata. E qui ritorniamo al nostro Pdl, che galvanizzato dalla discreta prestazione del voto sente di poter mobilitare nuovamente i suoi elettori per ottenere un consenso ancora più ampio di adesso. Con il vantaggio di non avere più la zavorra delle regionali che hanno fatto comunque anticipare la consultazione e dove in Lombardia si potrebbe creare più di qualche sconquasso nell'asse Pdl-Lega in caso di sconfitta di Maroni.
Il fronte opposto corre invece il pericolo di rimanere ancora debole e frammentato tra il Pd, la lista Monti e M5S. A questo punto i primi due potrebbero gettarsi senza più tanti indugi nelle braccia l'uno dell'altro, facendo l'ennesima scelta di conservazione che potrebbe rafforzare ulteriormente l'alternativa di Beppe Grillo, il quale diventerebbe così lo sfidante principale di Berlusconi con possibilità più o meno concrete di scavalcare anche lui. Potrebbe succedere anche ben altro come una grande intesa per cambiare la legge elettorale prima di tornare al voto con un'assegnazione di seggi che garantisca una maggiore governabilità oppure delle alleanze al momento contemplate soltanto nei sogni più proibiti. Vediamo quanto la politica saprà stupirci nei prossimi giorni.


Di seguito i risultati dei partiti alla Camera e al Senato:


Camera dei Deputati

Partito Democratico: 29,54%
Popolo delle libertà: 29,13%
Movimento 5 Stelle: 25,55%
Scelta civica Mario Monti: 10,54%
Rivoluzione Civile: 2,25%
Fare per fermare il declino: 1,12%

Composizione
Partito Democratico: 340 seggi
Popolo delle libertà: 124 seggi
Movimento 5 Stelle: 108 seggi
Scelta civica Mario Monti: 45 seggi



Senato della Repubblica


Partito Democratico: 31,60%
Popolo delle libertà: 30,66%
Movimento 5 Stelle: 23,79%
Scelta civica Mario Monti: 9,13%
Rivoluzione Civile: 1,79%
Fare per fermare il declino: 0,90%



Composizione
Partito Democratico: 113 seggi
Popolo delle libertà: 116 seggi
Movimento 5 Stelle: 54 seggi
Scelta civica Mario Monti: 18 seggi





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