mercoledì 20 marzo 2013

Cipro - Al salvataggio dell'euro (e del gas)

La tempesta su Nicosia purtroppo non è ancora finita. La sonora bocciatura del Parlamento sui prelievi forzosi avrà anche salvato i conti in banca dei ciprioti, ma il disperato bisogno di soldi del governo potrebbe farlo ripiegare sui fondi per le pensioni per ottenere le garanzie che servono a strappare l'assegno all'Europa appena schiaffeggiata. Bruxelles sa tuttavia che non gli conviene inimicarsi troppo l'isola, perché qui la posta in gioco non riguarda solo il salvataggio dell'euro, ma una risorsa strategica che potrebbe rivelarsi tanto una cuccagna che un colossale abbaglio.

L'Europa infatti non è la sola che bussa alla porta di Cipro per dispensarvi doni e amore. C'è anche una Russia religiosamente affine ma preponderante che è interessata come il vecchio continente a mettere le mani su di una dote che farebbe venire l'acquolina in bocca a chiunque. Stiamo parlando di un giacimento di gas stimato intorno ai duecento miliardi di metri cubi, una quantità enorme che per fare un esempio sarebbe in grado di coprire circa il 40% del fabbisogno energetico europeo.
Questa specie di Eldorado consentirebbe all'Unione Europea di diversificare le sue fonti di approvvigionamento in modo da diminuire la sua dipendenza dal gigante russo Gazprom, il quale se riuscisse ad ottenere per sé i diritti di sfruttamento vedrebbe per converso la propria posizione sul mercato consolidarsi a livelli mai visti prima. Non deve essere un caso o meglio soltanto un regime fiscale più favorevole della media ad aver spinto i russi a investire già così tanti soldi sull'isola. Come neppure i malumori di Putin alla minaccia che gli aiuti negoziati tra Nicosia e Bruxelles finissero per imporre una tassazione a tutti i conti in banca nel Paese che nel frattempo erano stati congelati per qualche giorno a misura cautelare seminando il panico tra la popolazione, tranne chi essendo vicino al governo o abbastanza accorto aveva già provveduto a spostare i soldi. A far innervosire Mosca era in particolare quella tantum del 10-12% da prelevare sui depositi superiori ai centomila euro, che sarebbero andati a colpire proprio buona parte degli oligarchi venuti dal freddo. Fosse mai che questa scure li convincesse a spostarsi verso lidi migliori per lasciare spazio agli altri concorrenti.
La minaccia però alla fine è rientrata e il governo del neo presidente Anastasiades è rimasto con il dilemma di chi scegliere come suo salvagente. Meglio ricucire i rapporti con l'Unione, che da parte sua «conferma l'impegno a garantire la liquidità necessaria entro il quadro delle regole previste", ovvero fa niente, basta che troviate i soldi da qualche parte? Oppure dar mostra della "buona volontà" espressa in Parlamento verso gli affaristi russi per consolidare i rapporti con San Pietroburgo, dove il ministro delle Finanze Michalis Sarris è in visita questi giorni per negoziare secondo alcuni dei nuovi aiuti in cambio d'importanti concessioni sui futuri giacimenti?
Che poi, e qui abbiamo la parte migliore di tutta la vicenda, questo gas ancora non esiste in quanto ci vorranno come minimo dieci anni per valutarne l'effettiva quantità e sfruttarlo. Se la realtà dovesse rivelarsi inferiore alle aspettative Nicosia potrebbe ritrovarsi con una bolla speculativa molto più catastrofica della sua esposizione ai bond greci. Se al contrario la torta si rivelasse davvero molto grossa c'è da considerare l'incognita dei vicini turco o israeliano, i quali hanno lasciato insoluta la questione dei loro confini marittimi anche in vista di un potenziale energetico che difficilmente vorranno lasciare in mano ai soli ciprioti.

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