lunedì 25 marzo 2013

Sinister, l'incubo ritorna in Super 8

Il Cinema che trasforma se stesso in una macchina di morte. Bughuul non ha bisogno di porte, finestre o sogni, ma solo di una piccola ed innocua telecamera d'altri tempi...
Ellison Oswalt, uno scrittore di storie vere di cronaca nera, divenuto celebre dieci anni prima con il libro Kentucky Blood ma ormai scivolato nell'anonimato, alla ricerca di un nuovo successo si trasferisce a King County, Pennsylvania, con la moglie Tracy e i figli Trevor e Ashley, a loro insaputa proprio nella casa dove solo un anno prima è avvenuto il terribile fatto di sangue di cui vorrebbe scrivere: la morte per impiccagione di quattro membri della famiglia Stevenson e la scomparsa della figlia più piccola, Stephanie.
Si rende conto di essersi imbattuto in una storia persino più importante di quanto sperasse quando in soffitta trova una scatola di filmini amatoriali in Super 8..

Il cinema che trasforma se stesso in una macchina di morte, tutto questo è Sinister diretto da Scott Derrickson.
Una serie di proiezioni nel film sono causa delle sciagure di tante famiglie, l'ultima quella del protagonista Ellison Oswalt. Intensità, tensione e quel senso di impotenza investono lo spettatore che si sente fragile di fronte alle immagini venendone in qualche modo travolto travolto. C'è in tutto l'arco narrativo una percorso in crescendo che ci porta dal Thriller all'Horror, amalgamando nel mezzo di questi due grandi stili anche quello di tipo documentaristico del recente Paranormal Activity.

La forza della storia, raccontata forse con l'utilizzo di un certo numero di stereotipi un po'troppo frequenti come la divergenza tra l'innocenza dei bambini e la crudeltà del demone (simile al caso di Freddy Krueger) o la maledizione di un mezzo di utilizzo comune, in questo caso una telecamera, in altri casi videocassette (come in The Ring) o altri apparecchi, sta nella demolizione delle certezze dello spettatore che non riesce a trovare nessun punto di riferimento a cui aggrapparsi per ancorare i suoi momenti di tensione. La vera natura dei bambini scomparsi, molto coinvolti nella vicenda più di quanto non si pensi è di certo un punto di forza in questo senso.

Bughuul, un'antica divinità babilonese, utilizza la tecnologia del Super 8 sfruttandone accessibilità e facilità di utilizzo per entrare nel nostro mondo. Il messaggio sulla semplicità nel mezzo sta nel fatto che sono i bambini stessi a girare questi filmati, rivelando in questo modo anche la retro storia sulle famiglie precedenti. A livello narrativo questo stratagemma potrebbe consentire, ma noi speriamo di no, un buon numero di sequel.
La scatola di home movies, con una nuova sanguinosa storia andata male, attende le prossime vittime...


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